martedì 13 gennaio 2009

2° puntata – L’avventurosa storia del Tempo Pieno raccontata da Guido Piraccini

Sul finire degli anni ‘60, alla scuola elementare Nino Costa delle Vallette qui a Torino, il maestro Fiorenzo Alfieri (ndr. oggi Fiorenzo Alfieri è Assessore alla Cultura al Comune di Torino), la maestra Daria Ridolfi e tanti altri giovani insegnanti diedero vita all’embrione del futuro tempo pieno promuovendo la collaborazione tra i maestri. Chi aveva una maggiore propensione per determinate aree di insegnamento non se ne occupava soltanto all’interno della propria classe ma andava ad insegnare anche nelle altre, e per potere fare tutto e bene, con tempi distesi, questo gruppo di insegnanti sente la necessità di stare a scuola con i propri alunni anche al pomeriggio…
Perché il tempo pieno nacque nel quartiere delle Vallette?
Perché in quel periodo gli insegnanti giovani erano destinati alle periferie, mentre gli insegnanti più anziani avevano saldamente in mano le scuole del centro. E quindi quasi fortuitamente nelle periferie si concentrarono figure di giovani maestri, molto attenti ai fenomeni non soltanto scolastici ma più in generale culturali e sociali. Era la stessa società di quegli anni, con i suoi movimenti e la sua evoluzione, che imponeva attenzione alle sue problematiche. Basti pensare che nel 1967 nasce il movimento degli studenti e occupa le Università di Trento e di Torino, nel 1968 il movimento degli studenti esplode in tutta Europa e il movimento sindacale dà vita a grandi azioni rivendicative….
Alla Nino Costa, il tempo scuola di quattro ore, per una scuola così organizzata, risulta subito ristretto e gli insegnanti cominciano a fermarsi a scuola anche al pomeriggio. Il primo tempo pieno della Nino Costa nasce quindi da esigenze didattiche ma si proietta all’esterno della scuola, come fatto sociale che viene immediatamente sostenuto a spada tratta dai genitori. Il tempo pieno dà infatti un grosso aiuto a quelle famiglie, appena arrivate dal sud, in cui spesso i genitori lavoravano entrambi e per le quali collocare i figli al pomeriggio non era semplice. Allora ben vengano questi maestri che ci tengono i figli anche il pomeriggio.
I genitori della Nino Costa capiscono che se i maestri si fermano a scuola di più è perché vogliono bene ai bambini e li sostengono in una rivendicazione che gli stessi insegnanti fanno al Comune di Torino: Comune di Torino dacci una mano a organizzare tutto questo.
E il Comune di Torino dà una mano, la giunta democristiana sostiene questo tempo pieno, che non è più un fatto solo didattico, ma ormai sociale, che non si può ignorare.
Siamo nel 1969: il partito democristiano di allora non poteva non risentire al proprio interno dei segnali che la dinamica culturale innescata da Don Milani aveva lasciato. Per non dire del successo del grande movimento in Toscana dei giovani cattolici che in quegli anni organizzavano doposcuola dentro ogni parrocchia e dove le parrocchie erano chiuse e ostili - perché legate al cardinale Florit che aveva mandato in esilio a Barbiana il famoso Don Milani - i giovani cattolici andavano senza paura a fare il doposcuola dentro le Case Del Popolo.
I fermenti sociali di quegli anni fecero sì che i politici più attenti non si ponessero in termini di contrasto o negazione di questi fenomeni ma che considerassero e assumessero una parte di ciò che veniva rivendicato, e che ciò si traducesse poi in azioni a sostegno. Questo succede quando l’intelligenza non fa difetto in chi governa o quando l’intelligenza non viene usata soltanto per accumulare.
Questi sono gli elementi che indussero il mondo democristiano a dare aiuto agli insegnanti e ai genitori della Nino Costa organizzando per loro la mensa scolastica in modo da garantire il tempo pieno.

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